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Radio accesa nei bar e negozi i discografici presentano il conto
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301109
Radio accesa nei bar e negozi i discografici presentano il conto
Basta avere una radio, un lettore cd o una tv e, naturalmente, tenerli
accesi. Che faccia da sottofondo in un negozio, siano note soft in un
ristorante, una compilation "sparata" dal parrucchiere o in un bar, e
persino un disco messo su in parrocchia: tutto questo ha un costo, come
per la musica in discoteca.
Rivendicato in migliaia di lettere che stanno arrivano agli
interessati. I gestori di pubblici esercizi, negozianti e artigiani
sono infuriati: fanno fatica a capire perché, se c'è il diritto
d'autore corrisposto alla Siae, per l'utilizzo in pubblico di musica
registrata si debba versare un altro compenso che va nelle casse delle
case discografiche.
Non si tratta di una truffa ma dei diritti (connessi a quelli d'autore)
previsti da un articolo di una legge del 1941. Sì, una legge del secolo
scorso. Cifre comprese tra 70 e 600 euro in base all'ampiezza del
locale, riscosse dal consorzio dei fonografici Scf, che riunisce le
case discografiche e tutela oltre 300 imprese. C'è chi si adegua e
paga, anche perché diverse associazioni di categoria hanno stretto
accordi con Scf ottenendo sconti (tra gli altri Federdistribuzione,
Confcommercio, Federmoda). E c'è chi minaccia di ricorrere al giudice e
invita a non pagare.
Confesercenti, Cna, Confartigianato rimproverano ai discografici di
battere cassa con modalità aggressive e con tariffe stabilite in modo
unilaterale. "Semplicemente rivendichiamo un diritto finora non gestito
- precisa Gianluigi Chiodaroli, presidente di Scf - con campagne
informative e accordi con le associazioni di categoria che tengano
conto dei differenti contesti in cui viene usata la musica". "Circa due
anni fa - aggiunge - dai grandi distributori ci siamo spostati sul
territorio. Mandiamo 30-40mila lettere l'anno".
Sono diverse le tariffe previste per bar e ristoranti e quelle per i
negozi o gli alberghi "tarate" in base al numero di stelle e di stanze.
Il bacino è vastissimo: basti pensare che in Italia oltre il 75% dei
bar e più del 50% dei ristoranti usano musica regolarmente, secondo le
stime. All'inizio gli agenti Scf si sono concentrati nel centro-nord.
Da qualche mese il Consorzio si è affidato alla Hunter, un'azienda con
sede in provincia di Pavia, per organizzare rilevazioni su tutto il
territorio. I controlli sono aumentati: gli incaricati fanno
un'ispezione e avvertono il consorzio che invia al titolare il
bollettino da pagare.
Edi Sommariva, direttore generale Fipe che rappresenta gli esercizi
pubblici della Confcommercio, ammette: "È un adempimento in più che la
categoria non si meritava, ma c'è una legge e va rispettata. Però siamo
riusciti a stabilire una cifra condivisibile". Mentre Tullio Galli,
direttore Fiepet (Confesercenti), non si dà per vinto. "Noi consigliamo
di strappare queste fatture - afferma - Contestiamo il metodo con cui
vengono eseguite le rilevazioni". E avverte che dal 2010 si rischia il
caos: "La Siae ci ha fatto sapere che da gennaio anche lei riscuoterà
il diritto connesso per conto dell'Afi, l'Associazione fonografici
italiani. C'è bisogno di un unico regolamento".
Messi a dura prova dai download pirati, i discografici ora cercano di
riscuotere quei diritti un tempo pagati solo da chi usava la musica a
fini di lucro. "È un tributo inaspettato, una gabella per gli
associati", continua Galli. Ed Ettore Cenciarelli, del dipartimento
organizzazione della Cna nazionale: "Le imprese artigiane sono prese di
mira, parrucchieri e carrozzieri ricevono le lettere sulla base della
semplice deduzione che venga usata la musica o di ispezioni camuffate.
Sparano nel mucchio, colpiscono anche pizzerie al taglio: che hanno a
che fare con locali e pub? Chiediamo che le istituzioni facciano
chiarezza. Ma in alcuni casi ci siamo già rivolti al giudice". Intanto,
se chi paga oggi ha diritto a uno sconto, chi rifiuta corre il rischio
di incorrere anche in sanzioni.
accesi. Che faccia da sottofondo in un negozio, siano note soft in un
ristorante, una compilation "sparata" dal parrucchiere o in un bar, e
persino un disco messo su in parrocchia: tutto questo ha un costo, come
per la musica in discoteca.
Rivendicato in migliaia di lettere che stanno arrivano agli
interessati. I gestori di pubblici esercizi, negozianti e artigiani
sono infuriati: fanno fatica a capire perché, se c'è il diritto
d'autore corrisposto alla Siae, per l'utilizzo in pubblico di musica
registrata si debba versare un altro compenso che va nelle casse delle
case discografiche.
Non si tratta di una truffa ma dei diritti (connessi a quelli d'autore)
previsti da un articolo di una legge del 1941. Sì, una legge del secolo
scorso. Cifre comprese tra 70 e 600 euro in base all'ampiezza del
locale, riscosse dal consorzio dei fonografici Scf, che riunisce le
case discografiche e tutela oltre 300 imprese. C'è chi si adegua e
paga, anche perché diverse associazioni di categoria hanno stretto
accordi con Scf ottenendo sconti (tra gli altri Federdistribuzione,
Confcommercio, Federmoda). E c'è chi minaccia di ricorrere al giudice e
invita a non pagare.
Confesercenti, Cna, Confartigianato rimproverano ai discografici di
battere cassa con modalità aggressive e con tariffe stabilite in modo
unilaterale. "Semplicemente rivendichiamo un diritto finora non gestito
- precisa Gianluigi Chiodaroli, presidente di Scf - con campagne
informative e accordi con le associazioni di categoria che tengano
conto dei differenti contesti in cui viene usata la musica". "Circa due
anni fa - aggiunge - dai grandi distributori ci siamo spostati sul
territorio. Mandiamo 30-40mila lettere l'anno".
Sono diverse le tariffe previste per bar e ristoranti e quelle per i
negozi o gli alberghi "tarate" in base al numero di stelle e di stanze.
Il bacino è vastissimo: basti pensare che in Italia oltre il 75% dei
bar e più del 50% dei ristoranti usano musica regolarmente, secondo le
stime. All'inizio gli agenti Scf si sono concentrati nel centro-nord.
Da qualche mese il Consorzio si è affidato alla Hunter, un'azienda con
sede in provincia di Pavia, per organizzare rilevazioni su tutto il
territorio. I controlli sono aumentati: gli incaricati fanno
un'ispezione e avvertono il consorzio che invia al titolare il
bollettino da pagare.
Edi Sommariva, direttore generale Fipe che rappresenta gli esercizi
pubblici della Confcommercio, ammette: "È un adempimento in più che la
categoria non si meritava, ma c'è una legge e va rispettata. Però siamo
riusciti a stabilire una cifra condivisibile". Mentre Tullio Galli,
direttore Fiepet (Confesercenti), non si dà per vinto. "Noi consigliamo
di strappare queste fatture - afferma - Contestiamo il metodo con cui
vengono eseguite le rilevazioni". E avverte che dal 2010 si rischia il
caos: "La Siae ci ha fatto sapere che da gennaio anche lei riscuoterà
il diritto connesso per conto dell'Afi, l'Associazione fonografici
italiani. C'è bisogno di un unico regolamento".
Messi a dura prova dai download pirati, i discografici ora cercano di
riscuotere quei diritti un tempo pagati solo da chi usava la musica a
fini di lucro. "È un tributo inaspettato, una gabella per gli
associati", continua Galli. Ed Ettore Cenciarelli, del dipartimento
organizzazione della Cna nazionale: "Le imprese artigiane sono prese di
mira, parrucchieri e carrozzieri ricevono le lettere sulla base della
semplice deduzione che venga usata la musica o di ispezioni camuffate.
Sparano nel mucchio, colpiscono anche pizzerie al taglio: che hanno a
che fare con locali e pub? Chiediamo che le istituzioni facciano
chiarezza. Ma in alcuni casi ci siamo già rivolti al giudice". Intanto,
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