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Nigeria, il Paese in fiamme ucciso leader dei ribelli islamici
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Nigeria, il Paese in fiamme ucciso leader dei ribelli islamici
Mohammed Yusuf, a capo dei fondamentalisti Boko Haram, morto dopo la cattura da parte della polizia
Pugno duro del governo contro i miliziani che contestano lo Stato "corrotto" dall'Occidente
La Nigeria del nord è in fiamme: in cinque giorni le vittime degli scontri fra i jihadisti che si ispirano ai Taliban afgani e l'esercito presidenziale sono già 600. Ad aumentare la tensione, arriva in serata la notizia della morte del leader dei ribelli islamici della setta 'Boko Haram', Mohammed Yusuf, rimasto ucciso mentre era in detenzione, poche ore dopo essere stato catturato dalla polizia. Era stato Yusuf, 39 anni, a capo dei cosiddetti Taliban nigeriani ("l'educazione occidentale è un peccato" è la traduzione di 'Boko Haram') negli ultimi giorni ad animare le violenze nel nord del Paese. In precedenza il capo della polizia dello Stato di Borno Christopher Dega, aveva riferito che Yusuf si trovava nella caserma di Giwa.
La notte scorsa, un raid dell'esercito ha lasciato sul terreno 200 Taliban nella città di Maiduguri. Un giornalista locale ha detto di aver contato i corpi di almeno 70 militanti islamici sparsi intorno ad una moschea della città. Nell'incursione è stato ucciso anche il numero due della setta fondamentalista Boko Haram.
E' da domenica scorsa che il nord della Nigeria, uno dei più popolosi stati dell'Africa nera, è al centro di una battaglia tra un folto gruppo di giovani jihadisti e l'esercito del presidente Umaru Yar'Adua.
Apparsa nel 2004, la setta Boko Haram ha tenuto segregati per una settimana in un edificio di Maiduguri 180 donne e bambini, attaccato stazioni di polizia, carceri e sedi governative. I miliziani vogliono rovesciare lo Stato "corrotto" dall'Occidente, imporre la propria interpretazione della legge islamica ed eliminare tutti i precetti dell'istruzione occidentale.
Borno, Bauchi, Kano, Yobe: nelle regioni sconvolte dagli scontri, almeno tremila sono i civili in fuga tra case bruciate, colpi di mortaio, raffiche di kalasnikhov e cadaveri di donne, vecchi e bambini che restano in mezzo alla strada senza che nessuno possa raccoglierli.
Le testimonianze sono agghiaccianti; raccontano di fucilazioni sommarie, stupri, civili inseguiti e uccisi, interi villaggi dati alle fiamme. Il presidente Yar'Adua usa il pugno di ferro: "Non si può indugiare. Quei gruppi rappresentano un serio pericolo per il paese e non solo per la Nigeria".
Pugno duro del governo contro i miliziani che contestano lo Stato "corrotto" dall'Occidente
La Nigeria del nord è in fiamme: in cinque giorni le vittime degli scontri fra i jihadisti che si ispirano ai Taliban afgani e l'esercito presidenziale sono già 600. Ad aumentare la tensione, arriva in serata la notizia della morte del leader dei ribelli islamici della setta 'Boko Haram', Mohammed Yusuf, rimasto ucciso mentre era in detenzione, poche ore dopo essere stato catturato dalla polizia. Era stato Yusuf, 39 anni, a capo dei cosiddetti Taliban nigeriani ("l'educazione occidentale è un peccato" è la traduzione di 'Boko Haram') negli ultimi giorni ad animare le violenze nel nord del Paese. In precedenza il capo della polizia dello Stato di Borno Christopher Dega, aveva riferito che Yusuf si trovava nella caserma di Giwa.
La notte scorsa, un raid dell'esercito ha lasciato sul terreno 200 Taliban nella città di Maiduguri. Un giornalista locale ha detto di aver contato i corpi di almeno 70 militanti islamici sparsi intorno ad una moschea della città. Nell'incursione è stato ucciso anche il numero due della setta fondamentalista Boko Haram.
E' da domenica scorsa che il nord della Nigeria, uno dei più popolosi stati dell'Africa nera, è al centro di una battaglia tra un folto gruppo di giovani jihadisti e l'esercito del presidente Umaru Yar'Adua.
Apparsa nel 2004, la setta Boko Haram ha tenuto segregati per una settimana in un edificio di Maiduguri 180 donne e bambini, attaccato stazioni di polizia, carceri e sedi governative. I miliziani vogliono rovesciare lo Stato "corrotto" dall'Occidente, imporre la propria interpretazione della legge islamica ed eliminare tutti i precetti dell'istruzione occidentale.
Borno, Bauchi, Kano, Yobe: nelle regioni sconvolte dagli scontri, almeno tremila sono i civili in fuga tra case bruciate, colpi di mortaio, raffiche di kalasnikhov e cadaveri di donne, vecchi e bambini che restano in mezzo alla strada senza che nessuno possa raccoglierli.
Le testimonianze sono agghiaccianti; raccontano di fucilazioni sommarie, stupri, civili inseguiti e uccisi, interi villaggi dati alle fiamme. Il presidente Yar'Adua usa il pugno di ferro: "Non si può indugiare. Quei gruppi rappresentano un serio pericolo per il paese e non solo per la Nigeria".
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