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Major richiedono a Telecom dati utenti P2P altrimenti sono pronti a denunciare la Telco
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Major richiedono a Telecom dati utenti P2P altrimenti sono pronti a denunciare la Telco
La Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva (FAPAV) ha chiesto a Telecom Italia di comunicare alle autorità di pubblica sicurezza i dati di chi scarica file illegalmente. E minaccia Telecom di denunciarla se non dovesse fornire i dati.
Anche in Italia i rappresentanti dell’industria dei contenuti audiovisivi hanno dichiarato guerra aperta ai netizen che scaricano illegalmente dalla Rete materiale protetto da copyright.
Una guerra iniziata da diverso tempo e intensificatasi con la crescita del fenomeno del file sharing e del P2P. Secondo FAPAV, Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva, il ricorso al download illegale ha causato nel 2008 una perdita di fatturato pari a circa 530 milioni di euro e, in termini di impiego, la pirateria sta già mettendo a rischio oltre 250 mila posti di lavoro nel settore audiovisivo.
FAPAV ha avanzato a Telecom Italia una richiesta ben precisa: comunicare alle autorità di pubblica sicurezza i dati idonei a consentire a quest’ultima di adottare gli interventi di sua competenza. L’associazione era stata in passato criticata per alcune azioni considerate poco trasparenti, relative proprio all’individuazione dei dati dei netizen sospettati di scaricare illegalmente materiale tutelato dal diritto d’autore.
Ora FAPAV torna alla carica e minaccia di procedere alla richiesta di risarcimento per danni se Telecom Italia non dovesse fornire i dati e se le azioni illegali dovessero continuare a persistere. L’associazione è convinta che si possa trovare un meccanismo deterrente e non nasconde di voler portare la Dottrina Sarkozy in Italia.
Pronta la replica di Telecom Italia. L’azienda, si legge in una nota, ha sempre agito nel pieno rispetto della normativa vigente. La situazione e il contesto normativo, sostiene la Telco, sono ben diversi da quelli che FAPAV descrive mentre «punta l’indice contro Telecom Italia ed in generale contro gli operatori di telecomunicazioni». I dati degli utenti, infatti, come ribadito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, non possono essere messi a disposizione nel caso di controversie civili relative ai diritti di proprietà intellettuale.
Anche in Italia i rappresentanti dell’industria dei contenuti audiovisivi hanno dichiarato guerra aperta ai netizen che scaricano illegalmente dalla Rete materiale protetto da copyright.
Una guerra iniziata da diverso tempo e intensificatasi con la crescita del fenomeno del file sharing e del P2P. Secondo FAPAV, Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva, il ricorso al download illegale ha causato nel 2008 una perdita di fatturato pari a circa 530 milioni di euro e, in termini di impiego, la pirateria sta già mettendo a rischio oltre 250 mila posti di lavoro nel settore audiovisivo.
FAPAV ha avanzato a Telecom Italia una richiesta ben precisa: comunicare alle autorità di pubblica sicurezza i dati idonei a consentire a quest’ultima di adottare gli interventi di sua competenza. L’associazione era stata in passato criticata per alcune azioni considerate poco trasparenti, relative proprio all’individuazione dei dati dei netizen sospettati di scaricare illegalmente materiale tutelato dal diritto d’autore.
Ora FAPAV torna alla carica e minaccia di procedere alla richiesta di risarcimento per danni se Telecom Italia non dovesse fornire i dati e se le azioni illegali dovessero continuare a persistere. L’associazione è convinta che si possa trovare un meccanismo deterrente e non nasconde di voler portare la Dottrina Sarkozy in Italia.
Pronta la replica di Telecom Italia. L’azienda, si legge in una nota, ha sempre agito nel pieno rispetto della normativa vigente. La situazione e il contesto normativo, sostiene la Telco, sono ben diversi da quelli che FAPAV descrive mentre «punta l’indice contro Telecom Italia ed in generale contro gli operatori di telecomunicazioni». I dati degli utenti, infatti, come ribadito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, non possono essere messi a disposizione nel caso di controversie civili relative ai diritti di proprietà intellettuale.
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