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Lotta contro il tempo al vertice Usa: i gas serra sono un pericolo

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081209

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Lotta contro il tempo al vertice Usa: i gas serra sono un pericolo Empty Lotta contro il tempo al vertice Usa: i gas serra sono un pericolo




COPENAGHEN - Gli Stati Uniti l'hanno ammesso pubblicamente: i
"gas serra" sono un pericolo per gli esseri umani e la loro produzione
deve essere regolata. L'annuncio è dei vertici dell'Environmental
Protection Agency, l'agenzia federale che si occupa della protezione
dell'ambiente. La conferenza stampa a Washington è stata tenuta al
termine della prima giornata della Conferenza Onu di Copenaghen. Si
sono uniti in una sola voce d'allarme ambientalisti, rappresentanti Usa
di associazioni di fabbriche (petrolifere, petrolchimici,
automobilistiche) e Lisa Jackson, la direttrice dell'Epa, ha puntato il
dito in particolare sulle emissioni di anidride carbonica, argomento al
centro del vertice sul clima nella capitale danese.




Al via i lavori di Copenaghen. Un vertice che ha gli occhi del mondo puntati addosso. Dopo che oggi 56 testate di 45 Paesi
hanno titolato sull'emergenza clima, oggi il summit ha dato il via ai
lavori che cercheranno di trovare una soluzione. Partendo da una
certezza comune: resta poco tempo. Il Bella Center, la sede del
vertice, uno spazio di 121mila metri quadrati, stamattina è preso
d'assalto dai circa 15mila delegati (le richieste per partecipare erano
state il doppio). I Paesi rappresentati sono 192
e alla fine dei 15 giorni previsti per discutere sul futuro del
pianeta, avranno partecipato i leader di 105 nazioni. Tra questi Barack
Obama che arriverà il 18 dicembre, una settimana dopo aver ricevuto a
Oslo il Nobel per la pace, e il premier cinese Wen Jabao.








Il XV vertice dell'Onu sul clima è stato aperto dal premier danese,
Lars Loekke Rasmussen, che ha chiesto una "mobilitazione politica senza
precedenti" e un accordo "forte e ambizioso" per ridurre le emissioni
dei gas responsabili del riscaldamento del pianeta. "Nelle prossime due
settimane, Copenaghen sarà la capitale della speranza - ha detto
Rasmussen - Dobbiamo essere in grado di restituire al mondo quello che
oggi è stato garantito a noi: la speranza di un futuro migliore". La
stessa speranza è l'argomento di un video shock
di Mikkel Blaabjerg Poulsen proiettato come monito: una bambina che si
sveglia in un deserto arido e viene travolta dalle onde, poi il
messaggio: salviamo le nuove generazioni, per favore, salviamo il
mondo.




Servono impegni concreti.
Ma le decisioni che saranno prese a Copenaghen saranno un successo solo
se si trasformeranno, come ha spiegato il responsabile dei preparativi
della Conferenza, Yves de Boer, in "azioni significative e immediate,
pronte a entrare in vigore il giorno seguente la chiusura del vertice".
L'olandese Yves de Boer, segretario generale della Convenzione Onu sui
cambiamenti climatici, ha ribadito: "Il tempo delle dichiarazioni
formali è finito". Poi ha letto la testimonianza di un bambino asiatico
di sei anni, Nyi Lay, che perso genitori e fratello a causa di un
ciclone devastante. "I ministri - ha detto de Boer - avranno due giorni
di tempo per raggiungere un accordo vincolante prima che giungano a
Copenaghen i capi di Stato e di governo".



Lotta contro il tempo al vertice Usa: i gas serra sono un pericolo Ansa_17396958_27270
Il Bella Center di Copenaghen






Per assicurare il successo nella lotta ai mutamenti climatici, i paesi
sviluppati dovrebbero destinare, a partire dal 2020, 200 miliardi di
dollari l'anno ai Paesi in via di sviluppo. La stima è delle
organizzazioni Oxfam International e Ucodep (Unità e Cooperazione per
lo Sviluppo dei Popoli) secondo le quali è necessario un fondo globale
di 150 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2013, per poi arrivare
almeno a 200 miliardi entro il 2020. La quota iniziale che Usa e Ue
dovrebbero versare è di 50 miliardi di dollari l'anno ciascuno. Sono
numeri, ma resta il fatto che nella classifica dei Paesi che più
contribuiscono al cambiamento climatico ci sono Cina, Usa, Ue, Russia,
India e Giappone. Sono questi i primi sei maggiori produttori di
anidride carbonica e quelli da cui proviene il 70 per cento delle
emissioni totali. Cina e Usa ne producono il 40 per cento; 20 paesi il
75 per cento e il 78 per cento del loro aumento. L'Italia è al 13esimo
posto per emissioni di anidride carbonica (119 milioni di tonnellate
nel 2008).



"Non dobbiamo scegliere fra economia e cambiamenti climatici", ha detto
il ministro dell'Ambiente e dell'Energia danese, Connie Hedegaard,
presidente della Cop15, nel suo intervento alla conferenza. "Dobbiamo
poterci guardare negli occhi certi di aver fatto di tutto per il futuro
delle prossime generazioni".




Mobilitazione generale.
Non è cosa facile. Ma le notizie positive iniziano a affiorare. Iraq e
Somalia si sono aggiunti ai Paesi che hanno sottoscritto la convenzione
quadro delle Nazioni Unite, mentre l'India, la Cina e il Brasile hanno
raggiunto un accordo di massima per operare insieme nel negoziato sui
tagli alle emissioni di anidride carbonica, come ha rivelato a New
Delhi il ministro per l'Ambiente indiano, Jairam Ramesh: "India, Cina e
Brasile hanno una bozza di base. Io ho una copia di questa bozza che
servirà a incanalare il negoziato".



Il presidente del Brasile, Lula, ha ribadito che il suo Paese punta a
una riduzione di anidride carbonica tra il 36,1 e il 38,9 per cento
entro il 2020, piano che - secondo l'approccio di Brasilia - potrebbe a
sua volta spianare la strada affinché anche Usa e Cina avanzino
proposte nella stessa direzione.



Dal canto suo, Barack Obama ha incontrato oggi pomeriggio l'ex vice
presidente Al Gore, tra i maggiori attivisti ambientali, per decidere
le linee guida del suo intervento al vertice e ha in agenda una
riunione con gli industriali per mercoledì.



Da Pechino affermano che rispetteranno gli impegni presi dal presidente
Hu Jintao nel discorso tenuto in settembre all'Assemblea generale
dell'Onu, quando ha affermato che la Cina taglierà in modo
"significativo" le sue emissioni di gas inquinanti per unità di
Prodotto Interno Lordo (Pil) entro il 2020.



La mobilitazione è generale e la spinta per un accordo ambizioso e non
solo 'politico' è arrivata anche dal nostro Paese. Il ministro degli
Esteri, Franco Frattini, ha ribadito che l'Italia "vuole un accordo
politicamente vincolante per tutti. Non possiamo accettare accordi che
per qualcuno sono un suggerimento e per altri un obbligo".




L'ombra del "climagate".
Nel giorno dell'apertura, ha comunque aleggiato pesante lo scandalo del
'climategate', nonostante Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc
(l'Intergovernmental Panel on Climate Change che studia il
surriscaldamento climatico), abbia spiegato che la vicenda delle email
rubate potrebbe essere stato un tentativo per minare la credibilità del
suo gruppo, accusato di aver 'peggiorato' i dati sulle condizioni del
Terra. "Il gruppo ha una storia di trasparenza e di valutazioni
oggettive che va avanti da 21 anni, realizzata grazie a decine di
migliaia di scienziati appassionati dei quattro angoli del pianeta".





E mentre il summit, che si può seguire virtualmente dal sito ufficiale,
ha preso forma a Copenaghen, dieci milioni di persone di tutto il mondo
hanno firmato una petizione online organizzata da 226 partiti verdi,
riuniti nel gruppo TckTckTck, per chiedere ai leader di concludere un
accordo sul clima che sia "equo, ambizioso e obbligatorio".
florin88
florin88
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