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Bankitalia: la crescita di immigrati non toglie lavoro agli italiani
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Bankitalia: la crescita di immigrati non toglie lavoro agli italiani
La crescita della presenza straniera in Italia negli ultimi anni "non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani" ma ha evidenziato una "complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne". E' quanto afferma uno studio della Banca d'Italia contenuto nel rapporto sulle economie regionali secondo cui l'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie ha accresciuto le opportunità "per gli italiani più istruiti" impiegati in "funzioni gestionali e amministrative" mentre le donne avrebbero beneficiato della presenza straniera, nel settore dei servizi sociali e alle famiglie, attenuando "i vincoli legati alla presenza di figli e l'assistenza dei familiari più anziani e permettendo di aumentare l'offerta di lavoro" femminile.
Lo studio ricorda come "a partire dagli anni Novanta, l'Italia è diventata meta di considerevoli flussi migratori dall'estero". Pertanto, la quota di popolazione immigrata è passata dallo 0,6 per cento del 1991 a quasi il 6 per cento nel 2008. In particolare su tale aumento hanno inciso i flussi migratori dell'ultimo quinquennio: "il numero di stranieri è più che raddoppiato, portandosi a 3,4 milioni di persone", grazie anche alla regolarizzazione avviata nel 2002 che ha portato all'emersione di circa 650.000 persone.
Gli immigrati non si sono distribuiti in modo uniforme, ma si sono piuttosto concentrati nel Centro Nord, soprattutto in Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte, regioni nelle quali "si concentra il 45 per cento della popolazione italiana e si produce poco meno del 60 per cento del valore aggiunto nazionale" e nelle quali risiede quasi il 70 per cento degli stranieri.
Nel 2008 il tasso di occupazione degli stranieri in età lavorativa, stima la Banca d'Italia, era pari al 67 per cento, 9 punti percentuali in più rispetto agli italiani. Ma al Sud invece è inferiore a quello degli italiani, probabilmente a causa del lavoro nero, ipotizzano i ricercatori di via Nazionale.
Quest'alto tasso di occupazione straniera, in particolare al Centro-Nord, si traduce in una riduzione delle opportunità per gli italiani? La risposta della Banca d'Italia è un deciso no: "L'incremento del numero di stranieri non si è associato a un peggioramento delle opportunità occupazionali degli italiani, sebbene emergano differenziazioni tra i segmenti della popolazione".
Dalle analisi di via Nazionale emerge "in particolare l'esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne". Per queste ultime, "la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza di figli e all'assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l'offerta di lavoro". Mentre rispetto agli italiani più istruiti, Bankitalia rileva come "l'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie può, inoltre, aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative, che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani".
Lo studio ricorda come "a partire dagli anni Novanta, l'Italia è diventata meta di considerevoli flussi migratori dall'estero". Pertanto, la quota di popolazione immigrata è passata dallo 0,6 per cento del 1991 a quasi il 6 per cento nel 2008. In particolare su tale aumento hanno inciso i flussi migratori dell'ultimo quinquennio: "il numero di stranieri è più che raddoppiato, portandosi a 3,4 milioni di persone", grazie anche alla regolarizzazione avviata nel 2002 che ha portato all'emersione di circa 650.000 persone.
Gli immigrati non si sono distribuiti in modo uniforme, ma si sono piuttosto concentrati nel Centro Nord, soprattutto in Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte, regioni nelle quali "si concentra il 45 per cento della popolazione italiana e si produce poco meno del 60 per cento del valore aggiunto nazionale" e nelle quali risiede quasi il 70 per cento degli stranieri.
Nel 2008 il tasso di occupazione degli stranieri in età lavorativa, stima la Banca d'Italia, era pari al 67 per cento, 9 punti percentuali in più rispetto agli italiani. Ma al Sud invece è inferiore a quello degli italiani, probabilmente a causa del lavoro nero, ipotizzano i ricercatori di via Nazionale.
Quest'alto tasso di occupazione straniera, in particolare al Centro-Nord, si traduce in una riduzione delle opportunità per gli italiani? La risposta della Banca d'Italia è un deciso no: "L'incremento del numero di stranieri non si è associato a un peggioramento delle opportunità occupazionali degli italiani, sebbene emergano differenziazioni tra i segmenti della popolazione".
Dalle analisi di via Nazionale emerge "in particolare l'esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne". Per queste ultime, "la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza di figli e all'assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l'offerta di lavoro". Mentre rispetto agli italiani più istruiti, Bankitalia rileva come "l'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie può, inoltre, aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative, che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani".
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